I luoghi della Grande Guerra

Reperti e preziose testimonianze che, anche nel settore Astico – Posina e nel saliente montano che si snoda dall’area pasubiana all’Altopiano di Tonezza e dei Fiorentini, raccontano la storia della Grande Guerra combattuta sul fronte veneto-trentino.

La Strafexpedition

Dopo i bombardamenti del 1915, fu con la Strafexpedition, scatenata dagli austroungarici nel maggio del 1916, che questo territorio, conteso palmo a palmo, divenne l’ultima frontiera per impedire al nemico lo sblocco nella pianura vicentina. Attacchi e contrattacchi, un doloroso profugato da tragenda, paesi distrutti, vite umane spezzate: questi furono gli effetti di una guerra rimasta, per i suoi protagonisti e i testimoni di allora, indimenticabile.

Poi, quando il silenzio tornò a regnare sovrano sui pascoli alti e di mezza costa, e sulle vette perdute nel cielo, ci fu chi eresse con convinzione cippi votivi per rinnegare altri conflitti bellici, mentre il cordoglio per le vittime, spesso senza nome, si esprimeva dando con amore sepoltura ai caduti, tutti fratelli nella morte.

Il Cimone

Dal centro montano si sale al Cimone, sacro alla memoria. I boschi di latifoglie non celano del tutto gli antichi camminamenti, né le trincee, né l’articolata rete di gallerie. Il cratere, scavato dalla mina austriaca, brillata il 23 settembre del 1916, è sormontato dall’ardita cuspide dell’ossario che sorveglia il sonno di molti caduti.

Lo sguardo spazia verso orizzonti dove la guerra è solo ricordo: il corno ducale del Caviojo e la cima Neutra, con la caratteristica galleria elicoidale, il maestoso Priaforà, con le caverne in roccia, sembrano vegliare sul mondo delle convalli, punteggiato da paesi e contrade dove il tempo non si è fermato, spezzando trame e racconti della nostra storia, da riscoprire con la memoria.

Il Sacrario di Monte Cimone

Il Monte Cimone è l’estrema propaggine meridionale dell’altopiano di Tonezza, cui è collegato da una stretta cresta pianeggiante che s’allunga verso sud dal punto più alto del suo margine e arriva fin sotto la vetta, che si eleva oltre di essa ancora di pochi metri ed è cinta in gran parte da pareti di roccia a strapiombo sui ripidi versanti est e sud.

Entrò per la prima volta nella storia della Prima Guerra Mondiale il 25 maggio 1916, una decina di giorni dopo l’inizio della Strafexpedition, quando i reparti della Terza divisione di fanteria Edelweiß di Linz, sfondarono la linea difensiva italiana che attraversava l’altopiano.

La vetta del Cimone fu riconquistata il 23 luglio dal battaglione alpini Val Leogra e dal Secondo battaglione del 154° reggimento fanteria della brigata Novara.

Il comando della Terza divisione Edelweiß, quindi, ordinò di far saltare la vetta con una potente mina, incaricando dell’esecuzione dei lavori il tenente Albin Mlaker del 14° battaglione zappatori, cui fu assegnato un plotone composto di 64 uomini, che in 23 giorni scavarono un cunicolo lungo 28 metri terminante con tre camere di mina ricavate sotto la trincea italiana, nelle quali stivarono 14.200 kg di esplosivo che innescarono con un doppio circuito d’accensione: elettrico e a miccia.

La mina, fatta scoppiare il 23 settembre 1916, travolse tre compagnie del Primo battaglione del 219° reggimento fanteria della brigata Sele e la 136a compagnia del Secondo reggimento Genio Zappatori, i cui superstiti isolati sulla cima resistettero ancora per un’ora all’attacco del Primo battaglione del 59° Rainer prima di essere costretti ad arrendersi. Dieci anni dopo la fine della guerra, sul margine meridionale del cratere della mina fu eretto un Sacello – Ossario, inaugurato nel 1929 alla presenza del principe eriditario Umberto di Savoia, nel quale furono tumulati i resti di 1.210 militari ignoti, raccolti sul campo di battaglia o esumati da sepolture provvisorie.

Come si raggiunge Monte Cimone

Monte Cimone si raggiunge da Contrà Campana salendo per una strada asfaltata che termina in un ampio piazzale di parcheggio, dal quale si prosegue a piedi tra i faggi per una larga mulattiera pianeggiante che in circa venti minuti porta al Sacrario.

In alternativa si può seguire a piedi il Sentiero per Monte Cimone che parte dal cimitero dei Crosati (in Contrà Campana) che porta al Sacrario sulla vetta del Cimone in circa un’ora e mezza di cammino.

Il cimitero dei Crosati

Le salme dei militari austroungarici morti sull’altopiano di Tonezza nel maggio del 1916, durante l’Offensiva di primavera dal Sud Tirolo, e nei mesi seguenti, furono sepolte nei cimiteri di Grotti e Campana, situati nelle vicinanze delle maggiori infermerie da campo, allestite rispettivamente in prossimità del comando reggimentale e di quello del battaglione incaricato di difendere l’importante Settore Tonezza. Ma, poco dopo, il cimitero di Campana fu abbandonato, perché la località era troppo esposta al tiro delle batterie italiane piazzate nella zona di Punta Corbin e sostituito con un altro realizzato dal 59° reggimento Rainer in località Crosati, circa 500 metri più a sud e in posizione defilata.

Furono sepolti in questo cimitero anche i caduti del 2° reggimento Kaiserjäger, che per tutto il mese di maggio del 1917 dette il cambio al 59° Rainer e quelli dei reparti Landstrum e della 59ª brigata da montagna, trasferita qui dopo la battaglia di Caporetto e rimasta a presidiare l’altopiano di Tonezza fino alla notte tra l’1 e il 2 novembre 1918, quando si ritirò spontaneamente verso Folgaria nel tentativo di risalire la valle dell’Adige per ritornare in patria.

Il cimitero dei Crosati, che era diventato gradualmente il più grande dell’altopiano di Tonezza, accolse nel dopoguerra anche i caduti degli altri tre reggimenti della 3ª divisione Edelweiß sepolti in quelli di Campana e Grotti. In tutto, quindi, giunse ad accogliere 1036 militi. Il perimetro del campo cimiteriale era formato da un semplice steccato. Fu nel dopoguerra che si provvide a cintarlo con una muratura in sasso fugato e a dotarlo di un accesso con cancellata. Le foto d’archivio e alcuni ritrovamenti lapidei, riproposti nell’ultimo restauro, hanno permesso di capire che nel cimitero c’erano lapidi in cemento ottenute con uno stampo portanti targhette in lega di piombo con scritte indelebili che identificavano, dove possibile, il caduto e che permisero successivamente la traslazione delle spoglie in patria.

L’area cimiteriale era dominata al centro, in alto, da un cippo monumentale in sasso con croce sommitale. Sul lato sinistro un altro cippo in pietra era dedicato alla salma di un capitano-medico ucciso in Val Posina. Sul lato destro è stata ripristinata una croce in calcestruzzo su piedistallo, forse dedicata ai soldati ignoti. Altri due cippi più sotto, sempre in sasso, anch’essi recuperati, ricordano due ufficiali periti. Nel restauro compiuto sono state collocate circa 100 croci in legno in memoria dei tanti caduti. Le ultime 579 salme ignote nel 1965 furone esumate e poi trasferite nel sacrario di Cittadella. Ma l’aera rimane ugualmente sacra e degna di rispetto, anche perchè nelle pieghe del terreno ci sono ancora resti di soldati, oggi fratelli.

Fortezze dell’Imperatore

Di fronte alle Fortezze dell’Imperatore (Dosso del Sommo, Sommo Alto, Cherle, Belvedere, Luserna, Verle, Pizzo di Vezzena) stavano le sentinelle del Regno, cioè i forti italiani di Campomolon, Cornolò, Casa Ratti, Punta Corbin, Campolongo, Verena. È ancora possibile, per chi voglia camminare sui sentieri della Storia, che interessano il vecchio fronte italiano occidentale e, in particolare, i monti prealpini che guardano le valli dell’Astico e del Posina, imbattersi nelle rovine di queste opere militari pesantemente danneggiate, spesso distrutte dalle artiglierie di grosso calibro, o fatte saltare nei tragici giorni della Strafexpedition.

Se di Cornolò, incassato tra la Val di Posina e la Val di Rio Freddo, a proteggere Arsiero, oggi non rimangono che pochi resti di murature, la visita alle rovine di Forte Campomolon, situato a 1853 mt di quota per contrastare le fortezze folgaretane, permette di cogliere l’imponenza architettonica delle sue strutture, lasciando intravedere, nel blocco – batterie, la serie delle quattro cupole corazzate. Più giù, nella media Val d’Astico, a 350 mt di altitudine, fra una vegetazione sempre più rigogliosa e selvaggia, s’indovinano i resti del Forte Casa Ratti, all’epoca dotato di tre cupole girevoli e armato con tre cannoni da 149G, in ghisa, e da cinque mitragliatrici, sormontato dal ciglio roccioso dell’Altopiano di Tonezza.

Forte Campomolon

La costruzione del forte, che prende il nome del monte sulla cui sommità fu eretto, a 1.853 metri di quota, era iniziata dopo il completamento nel 1912 della strada militare che dalla Val di Riofreddo sale quasi fin sulla cima del Campomolon, costeggiando la Bocchetta Valbona; ma fu sospesa nell’autunno del 1914, quando le Acciaierie Krupp annullarono la consegna delle cupole corazzate perchè il governo germanico aveva decretato l’embargo sulle forniture di materiale bellico all’Italia, che il 3 agosto di quell’anno si era dichiarata neutrale. Il forte perciò non fu mai armato, ma servì da caserma a deposito per due batterie di obici da difesa costiera da 280 mm e una di cannoni da 149 G, piazzate nelle vicinanze.

Nonostante i bombardamenti subiti nel primo anno di guerra, sono ancora ben conservati i poderosi muraglioni di sostegno a monte della strada d’accesso al forte, eretti con grossi massi squadrati, e la grandiosa galleria a ferro di cavallo, realizzata con notevole cura per i particolari architettonici.
Lungo la strada d’accesso al forte sono visibili i ruderi delle caserme della guarnigione, che furono fatte saltare dai genieri italiani all’lba del 19 maggio 1916, nei primi giorni della Strafexpedition, dopo il ripiegamento degli alpini del battaglione Cividale.

Come si raggiunge: partendo da Tonezza, si percorre la Strada Provinciale dei Fiorentini, che collega il paese con il Passo Sommo e Folgaria, aggirato lo Spitz di Tonezza si arriva al bivio Rèstele (8 km ca. da Tonezza). Qui si svolta a sinistra, passando davanti al Rifugio Melegnon e successivamente al Rumor, fino a raggiungere la Bocchetta Valbona, tra la Cima Valbona e il Cimoncello di Totaro (1.782 metri di quota; 12 km ca. da Tonezza), dove è necessario parcheggiare l’auto e proseguire a piedi per la vecchia strada militare che in circa trenta minuti porta ai ruderi del Forte Campomolon.